Elettra Dafne Infante 

Storyteller and Filmmaker – Welcome to my Visionary World
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Halloween

L’eco di passi lontani in vicoli bui e silenziosi, le lunghe ombre che prendono vita sulla superficie di un muro abbandonato mentre le sbarre di una finestra tagliano la luna, graffiandola, il momento in cui lei le attraversa.. Un urlo nella notte. Una maschera inquietante e una musica che maliziosa si insinua quasi di soppiatto per impossessarsi di te completamente e portarti al parossismo più estremo in una fuga senza limiti e senza esclusione di colpi.. Cantilene, sussurri, sguardi atterriti e presenze agghiaccianti. il cigolìo di una porta e un respiro nel buio. Violini pungenti e filastrocche.

Dolcetto o scherzetto..?

1978, un’ assolata e ridente Los Angeles si tinge di macabro in occasione delle riprese di una storia alquanto singolare, Halloween. Due giovani filmaker, John Carpenter e Debra hill allora poco più che alla loro prima esperienza, si incontrano su un set e decidono di girare un film insieme. Di crearlo dal nulla per la verità. Regista di un film horror lui e script supervisor lei, stabiliscono di realizzare un horror a basso costo ma con tutte le attenzioni del caso. Ma ci voleva un’idea, di quelle originali, di quelle che possono cambiarti la vita, e d’un tratto, così fu.. “Every kids in America knows what a baby sitter is”.. Non c’è bambino in America che non sappia cosa sia una baby sitter..afferma in un’intervista Moustapha Akkad, finanziatore del film, rivelando poi che è stato proprio questo a far scattare in lui la decisione di partecipare all’operazione; “Pensai ad Halloween, la notte più spaventosa dell’anno..” aggiunge Irwin Yablands produttore del film. “Inoltre avere un’unica location avrebbe ottimizzato spostamenti, tempi di ripresa e questo ci avrebbe aiutato molto, economicamente..”

“Tutti nasciamo con la paura della morte e quella di perdere i nostri cari, e un film che parla delle nostre paure è un richiamo universale”, spiega Carpenter, regista, nonché autore delle musiche. Ed ecco che, poco alla volta, tutti gli elementi del puzzle trovano la loro collocazione, in un film in cui, come in tutti quelli di questo “metteur en scene” , l’utilizzo dell’audio e la musica giocheranno un ruolo fondamentale, così come fu per Fritz Lang, Dario Argento e Wes Craven sin dagli esordi. Chi non ricorda una delle filastrocche più inquietanti del mondo che rese nulli i sonni di molti adolescenti del 1984..: Uno due e tre, Freddy sta venendo da te..?

 

Quando uscì, Nightmare riscrisse il concetto stesso della paura.. Così come l’invenzione del sonoro e i diversi modi di impiegare la musica, hanno reso possibile una nuova visione dell’inconscio e una ulteriore possibilità per interagire con la storia e la sceneggiatura.

Pensiamo a Shining. Danny ha un amico invisibile e ogni volta che questo amico vuole comunicare con lui, lo spettatore sente una voce fuori campo, come se Danny fosse un ventriloquo quando in realtà questa voce è solo nella sua mente e nessun altro può sentirla. Ecco che l’abilità di creare ansia si pregia di una carta in più che va ad aggiungersi alle riprese di un’ombra, o di una porta semi accostata nel buio, sviscerando gli istinti più repressi del nostro inconscio, liberando le angosce che avevamo nascosto nel punto più lontano della nostra anima, materializzando la paura più pura. Il fatto già inquietante di per sé, il bambino sente una voce che gli dice cose che sono o che accadranno realmente, è sostenuto da una voce rauca, strana, capace di infiltrarsi in una suggestione psicologica devastante. E se Danny sente la voce di un amico invisibile, già qualche anno prima la protagonista dell’Esorcista, cambierà addirittura vari tipi di voce, e parlerà lingue che lei stessa non conosce.

Ma come viene costruita la follia in Shining grazie al montaggio del suono? Overlook hotel. Establishing shot, sera. Avvolti da un silenzio assordante. Il bambino fa delle lunghe passeggiate con il triciclo attraversando una serie infinita di corridoi che si incrociano in un labirinto vertiginoso. Il rumore di quelle ruote che si susseguono sul legno si alterna al suono attutito e ovattato che sentiamo quando pedala sui tappeti. La figura di Jack Nicholson davanti al camino, il crepitìo del fuoco, il suo ansimare sempre più sostenuto, la macchina da presa montata su un carrello sino a vederlo in p.p. mentre viene eliminato gradatamente l’effetto sonoro del fuoco pur lasciando allo spettatore la possibilità di vederlo. Ma non di sentirlo, perché in quel punto della storia, è il personaggio stesso a non sentirlo. L’alienazione ha invaso la sua mente ormai e lui è totalmente estraneo a quella realtà, che non gli appartiene più.

Altro grande esempio di interazione tra musica e immagini, è Suspiria di Dario Argento. Suspiria, inizia con la musica di Simonetti già dai primi titoli di testa montati su uno sfondo nero, la musica è in continuo crescendo fino alla prima inquadratura, momento in cui, all’improvviso, non la sentiamo più, come uno stacco netto tra sogno e realtà, e sul dettaglio del tabellone degli orari è montato l’effetto ambiente tipico di un aeroporto: annunci, rumori, etc.. Questo effetto fa da sfondo ad ogni inquadratura in cui è riconoscibile la protagonista, Jessica Harper, mentre ogni soggettiva della stessa è accompagnata di nuovo dalla musica di Simonetti, senza i rumori del posto, rappresentando così uno stacco spazio-temporale emotivo. Questo montaggio si alterna un paio di volte, e riguarda tutto il percorso della Harper sino all’uscita, quasi a sottolineare che uscendo da quell’areoporto abbandona il mondo normale con la normalità dei suoni e le sue certezze, ambienti reali, solidi, e si avvicina sempre più verso una realtà sconosciuta, pericolosa e onirica. Una volta sulla soglia infatti, di nuovo la musica di Simonetti, lo scatto della sicura, lo scorrere della porta e il richiudersi della stessa. Il tutto realizzato con grande maestria e con strumenti elettronici, uniti alla tabla, un tamburo indiano, e il buzuki, una chitarra di origine Greca.

Ma torniamo a Carpenter.. I primi quindici minuti di Fog – come pure l’inseguimento all’inizio del film “La Cosa” mostrano l’essenza del suo cinema e tutto ciò che è possibile ottenere quando esperienza e sperimentazione si sposano.

La musica è inquietante in Carpenter, è cupa, minacciosa. Si unisce al ticchettìo di un orologio. Poi il silenzio assoluto e sul nulla, o dal nulla, lo squillo di un telefono, il rumore delle monetine che cadono, il rumore di un vetro rotto, il cigolìo di un’insegna che si è staccata, il rumore del neon quando si accende e infine il clacson delle macchine parcheggiate che cominciano a suonare contemporaneamente. E’ mezzanotte, l’ora delle streghe, sapientemente monitorate da una donna che parla alla radio dalla cima di un faro, e che proprio attraverso la radio potrà fare da filo conduttore agli eventi. Ma se in Fog i rumori svegliano una città che dorme annunciando un’antica leggenda, in La Cosa la musica è cupa, costante e scandisce il ritmo del film.

Per Profondo Rosso invece, Argento voleva una sonorità molto precisa, qualcosa sullo stile di “Tubular Bells” di Mike Oldfield che oggi identifica l’Esorcista; anche se in realtà il brano fu preso poi solo come esempio perché la colonna sonora del film di Argento è scritta per clavicembalo, spinetta e chitarra; anche Carpenter a sua volta si è ispirato ad un altro brano per la musica di Halloween, ovvero proprio alla musica di Profondo Rosso.. ma poi ha realizzato una partitura completamente diversa. L’ha scritta in 3 giorni Carpenter questa colonna sonora, aveva necessità di registrare immediatamente, ed ha un potere così forte sulle scene che quando il film uscì nelle sale, il pubblico nei momenti più intensi, guardava lo schermo ma si copriva le orecchie con le mani..

Forte di una serie di aneddoti sul mestiere di baby sitter che lei stessa aveva svolto in passato, Debra Hill decide di annotarsi in una lista una serie di “se”..

Cosa succederebbe se.. dopo aver fatto addormentare il bambino di cui ti devi occupare, tu fossi a letto con il tuo ragazzo e i genitori tornassero prima..

O ancora, cosa succederebbe se.. dopo aver fatto addormentare il bambino di cui ti devi occupare, tu fossi a letto con il tuo ragazzo e lui scendesse in cucina per prenderti qualcosa da bere e tornasse su con un lenzuolo facendo finta di essere un fantasma.. solo che non è il tuo ragazzo ma uno sconosciuto..

E in fondo.. Cosa c’è di più inquietante del confortevole e al di sopra delle parti, ambiente familiare per far accadere una tragedia..?

Torniamo per un attimo a “Profondo Rosso” che di baby sitter non parla, ma di tragedie familiari, sì. La scena di apertura vede l’ombra di un bambino e quella di un coltello proiettate sul muro; sullo sfondo un albero di Natale, festa familiare per eccellenza, e come intro, una nenia infantile, che in parte riprende e continua il discorso sul sonoro come elemento intradiegetico iniziato da Fritz Lang nel 1931 con “M” il mostro di Dusserdolf. Il film inizia con una nenia mentre una bambina, Elsy, sta saltando la corda per strada insieme ad altri bambini, cantando una filastrocca che comprende parole come “per tagliare a pezzettini… uomo nero”. Poche scene dopo, la musica accompagna delicatamente i gesti di una donna, la madre di Elsy, ma quando questa vede l’orologio e nota che sua figlia, a differenza dei suoi compagni di classe, non è ancora tornata, l’inquadratura si sposta sul pianerottolo e sulla scala vuota che fino ad un attimo prima aveva visto gli altri bambini salire di corsa per rientrare nelle loro case; e alla confusione prodotta da quei ragazzi, segue il silenzio assoluto, non ci sono le grida, non c’è il loro entusiasmo, non c’è la musica: il silenzio diventa espressivo, l’ assenza di suono sottolinea la drammaticità del momento e influenza lo stato d’animo dello spettatore, guidandolo inconsciamente.

Da questo film in poi, il suono, seppure nato da poco, assumerà un ruolo preciso nel cinema, e la nenia diventerà un vero e proprio must per tutto il genere horror degli anni a seguire, sia Americano che Italiano. Basti far scorrere la memoria da Chi l’ha vista morire? di Aldo Lado, dove pure ritroviamo i bambini in circolo cantare una canzone che porta lo stesso titolo la cui sensazione è resa inquietante dal contrasto innocenza bambini (che la cantano) e contenuto dei testi (alquanto drammatico), a Profondo Rosso in cui la voce della cantilena è proprio quella di un bambino e il motivetto si percepisce tra l’allegro e l’inquietante, per contrastare innocenza e orrore che, sommati, diventano lucida follia. Per arrivare a Nightmare.

“Questa notte non dormire…, due, tre e quattro.. Freddy sta venendo da te…”

Innocenza, terrore, sacralità della casa e dei legami più naturali. Traumi consumati all’interno della propria famiglia; forse perché come nei film di Argento quello di cui dovremmo avere più paura nella realtà non è mai ciò che non conosciamo bene ma ciò che invece è più vicino a noi…? E’ attraverso pellicole come queste che l’audio ha scoperto la sua forza e la sua influenza all’interno di un film.

Girato in 20 giorni con un budget di 300.000 dollari, Halloween ne fruttò oltre 50 milioni nelle sale. Fino a poco tempo fa era l’esempio di cinema indipendente più redditizio nella storia della settima arte. Ha influenzato intere generazioni di cineasti e spettatori. Una curiosità: la scena iniziale si ispira a “L’infernale Quinlan” di Orson Welles, si tratta di 2 inquadrature, anzi, due piani sequenza ottenuti con la stedicam, macchina da presa realizzata agli inizi degli anni ’80 che vede la possibilità di essere mobile e quindi trasportabile grazie ad un braccetto che viene agganciato ad un corpetto indossato dall’operatore, e che attraverso delle sospensioni ne garantisce la stabilità. I due ragazzi si baciano in salone, sono ripresi dall’esterno attraverso le finestre; l’operatore sale le scale fino alla camera da letto girando la scena con la stedi, e mentre si trova su a realizzare le riprese, gli elettricisti rimasti giù spostano di corsa le luci prima che la stedi scenda e faccia il percorso a contrario, dando così la possibilità a tutti di ottimizzare i tempi, ma soprattutto di avere uno straordinario piano sequenza. Vincono i soldi.. o le idee e l’entusiasmo fanno ancora la differenza? Di questo film si parla ancora oggi come di un precursore, a distanza di più di trentanni.

©Elettra Dafne Infante – tutti i diritti riservati. 

Vi ricordo che il contenuto di questo articolo è già stato pubblicato all’interno dei miei libri ed è apparso, tutto o in parte, anche su una rivista. In caso di citazione riportare la fonte, grazie.